Filiberto Menna

1985

In fondo a uno dei Magazzini del Sale le “vele” installate da Claudio Papola in occasione dell’ultima Biennale veneziana creano un effetto singolare. In fondo al tunnel buio l’intenso colore azzurro delle vele davano la sensazione di uno sfondamento, quasi si fosse aperto per incanto un varco attraverso il quale era possibile ritrovare la laguna dal- l’altra parte. Non da quella degli occhi, ma dalla parte dell’immaginario. Con un gioco sapiente Papola sa calcolare questi effetti, servendo- si del colore come di un pedale in grado di dosare il ritmo piano- forte dell’emozione. Un colore che è contemporaneamente luce e come tale profondamente, inestricabilmente legato all’universo fenomenico e ad alcuni degli eventi più significativi della stessa vita quotidiana dell’artista: luce e colore sono, infatti, elementi ricorrenti nella storia di Papola, nelle sue peregrinazioni mediterranee, nei viaggi per mare su cui ha giustamente richiamato l’attenzione Luciano Caramel presentando la mostra dell’artista a Ferrara.

Qui nelle belle sale di Palazzo Massari, ho avuto l’impatto forte con l’opera complessiva di Claudio Papola, di cui avevo avuto notizia par- ziale attraverso la visione di diapositive e che proprio per questo non aveva potuto dirmi tutte le cose che aveva, che ha in serbo (ma come si fa a essere in tutti i luoghi dove un quadro, una scultura attendono di essere viste nella loro insostituibile concretezza fisica?). Montata a parete su grandi spazi, scandita su due dimensioni della pittura e tre della scultura, l’opera di Papola si presenta come una installazione che gioca simultaneamente sulla superficie e sulla invasione dello spazio ambientale, coinvolgendo lo spettatore e facendolo partecipare con empatica immediatezza all’evento estetico.

Claudio Papola reca così un suo particolare contributo a una più ampia e articolata situazione delle pratiche artistiche odierne con- trassegnata da procedimenti che sembrano simultaneamente puntare sulle possibilità espressive della pittura e della scultura. In pari tempo, l’artista non rinuncia alla tentazione di darci una sorta di rac- conto in cui fanno da protagonisti gli elementi e gli eventi naturali: un racconto che direi meteorologico, parafrasando una famosissima definizione baudelairiana della pittura di Boudin.